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Il nuovo anno e le rogne del Datore di Lavoro

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Il 2023 non si apre in maniera molto semplice per il Datore di Lavoro per la Sicurezza, e non che l’anno 2022 si fosse chiuso molto agevolmente, in effetti.

Ci sono molti temi sul tavolo del Datore di Lavoro. Molti passaggi non chiariti su cui riflettere.

Ne citiamo due, in questo intervento.

L’approccio alla Legge 215 e la formazione del preposto

Citiamo l’articolo 7 ter della nuova norma:

Per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi.

La Legge 215 rimanda poi alla nuova uscita dell’Accordo Stato Regioni la regolamentazione dei moduli e la loro articolazione.

È passato però ormai un anno dalla uscita della Legge 215/2021, l’Accordo Stato Regioni non è ancora venuto alla luce, e molti dubbi emergono in maniera sempre più nitida.
Uno, ad esempio, riguarda la formazione in modalità E-Learning per i preposti: la prima formazione (per la sua quota a parte concessa) e soprattutto l’aggiornamento, sono ancora realizzabili utilizzando le piattaforme informatiche?

Leggendo tutto di un fiato il comma ter dell’articolo 7, non sembrerebbe esserci alcun dubbio. È pur vero, però, che la modulazione del percorso in aula, demandato all’applicazione del nuovo Accordo Stato Regioni, non è ancora disponibile. Ed allora, che fare? Anche tra gli esperti non è possibile ritracciare una posizione netta in tal senso, e neppure sul territorio le posizioni delle ASL, delle ATS e dell’INL paiono univoche.

È una delle scelte che spettano al Datore di Lavoro, oppure al Dirigente Delegato, che dovrà essere consapevole di correre un rischio, qualunque strada deciderà di percorrere.

L’applicazione del Protocollo Covid e della nuova Circolare del Ministero della Salute del 31 dicembre 2022

Altra questione sul tavolo del Datore di Lavoro: come si applicano ad oggi i Protocolli Covid? Sono ancora applicabili, intanto?

Il protocollo nella sua ultima versione, siglata il 30 giugno 2022, era già stato semplificato con la cessazione dello Stato di Emergenza ma gli appuntamenti per il suo aggiornamento sono stati cancellati dalla Agenda del dialogo tra il Governo e le parti sociali.

Inoltre, la circolare del 31 dicembre del Ministero della Salute, sancisce una nuova fase per la gestione delle quarantene da Covid:

Per i casi che sono sempre stati asintomatici e per coloro che non presentano comunque sintomi da almeno 2 giorni, l’isolamento potrà terminare dopo 5 giorni dal primo test positivo o dalla comparsa dei sintomi, a prescindere dall’effettuazione del test antigenico o molecolare.

Come si deve muovere il Datore di Lavoro?

Può intanto decidere, come stanno considerando molte realtà, di non ammettere negli ambienti di lavoro il lavoratore che è risultato positivo al Covid, senza avere la conferma attraverso il tampone che il suo periodo di contagiosità sia concluso?

Il principio di maggior tutela, e di massima precauzione, stabilito dall’art. 2087 del codice civile, e la norma ancora attualmente in vigore della Legge n. 40/2020 di conversione del DL 8 aprile 2020, per la precisione l’art. 29 bis che tratta di “Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da Covid-19”, dice testualmente:

Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Questa norma dello Stato, a tutt’oggi in vigore, pone il Datore di Lavoro in una posizione assai scomoda: seduto in mezzo al tavolo delle responsabilità con da una parte l’attuale Legislatore, animato dal tentativo evidente di rendere il Sars Cov2 un’infezione sempre più assimilabile all’influenza, come si può chiaramente cogliere dall’ultima Circolare del Ministero della Salute, dall’altra il reticolo di norme in vigore che in un caso non peregrino di sviluppo di un focolaio negli ambienti di lavoro, possono chiamare in causa quanto ha fatto l’azienda per la tutela dei propri lavoratori.

Vogliamo dire chiaramente due cose, per concludere.

La prima è un’azione di saggia prudenza (a nostro avviso ancora consigliabile a qualsiasi Datore di Lavoro): continuare a dotarsi di un Protocollo, collegandolo al Documento di Valutazione del Rischio, e considerare la possibilità di utilizzare nel proprio contesto lavorativo misure volontarie più stringenti rispetto a quanto previsto dal Ministero della Salute, finché non vi sarà maggiore chiarezza sul versante normativa.

La seconda cosa è che non è nostro compito commentare le politiche legislative, e dunque ciascun Governo in carica ha la massima facoltà di declinare le proprie politiche: vanno esplicitate, però, con norme chiare e coerenti, e se si considera terminata ogni emergenza derivante dal Sars Cov2, occorre mettere ogni Datore di Lavoro nella condizione di poter chiudere questo capitolo.

Le vie di mezzo non aiutano.

Dott. Andrea Maffei

Tharsos srl

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